Il Bivacco, oltre la ripetitiva quotidianità
Non si può né comandare né controllare il tempo, esso scandisce la nostra quotidianità nella regolarità che gli abbiamo imposto, un’imposizione necessaria in virtù della nostra inevitabile soggettiva percezione di questo trascorrere inesorabile della realtà. Perché il tempo è relativo, è lento o veloce, è ritmico o discontinuo a seconda di come esso viene vissuto, ma pur sempre determina lo scorrere della nostra esistenza. Non sempre, soprattutto nella nostra realtà quotidiana, sopraffatti dalle incombenze della vita sociale e lavorativa, diamo il giusto valore al tempo.
Privi di consapevolezza
Privi della consapevolezza che esso rappresenta la nostra vita, che non è altro che tempo presente, diamo poca importanza allo scorrere delle lancette dell’orologio, anzi spesso auspichiamo che esse arrivino a segnare quell’ora canonica che segna la fine della giornata lavorativa, senza renderci conto che stiamo agognando lo scorrere veloce del nostro tempo, della nostra vita. Come se desiderassimo sperperare in nulla il contenuto prezioso di una cassaforte che contiene gli attimi della nostra vita, ci auguriamo che le giornate finiscano presto, che le settimane giungano velocemente a termine, che gli anni trascorrano in fretta, in virtù di una meta che è quella del riposo, dell’attimo da dedicare a se stessi, volutamente o involontariamente ignari che quell’attimo è il nulla confrontato al prezioso tempo trascorso per ottenerlo.
Ci vuole tempo per dare valore al tempo. Esperienze al di fuori dalla realtà quotidiana, abitudinaria, spesso ci consentono di prendere coscienza della vita nel suo procedere inesorabile. E tali vissuti, al di là della nostra ripetitiva quotidianità, ci regalano la consapevolezza di noi stessi: esseri nel tempo. Possono essere molteplici, estremamente soggettive e diversificate tali esperienze. L’amante della montagna sente su di sé il peso del tempo nei momenti in cui, trovandosi solo con se stesso, deve fare i conti con il tempo concreto, quello atmosferico, o con il procedere costante delle ore che presto conducono all’oscurità, alla notte, in cui le tracce di un sentiero diventano invisibili e il tramonto dei raggi solari lascia spazio al dominio della fredda ombra serale. L’amante della montagna conosce queste sensazioni, le vive, e sente concretamente su di sé il valore del tempo che incalza. E si ferma, ascolta la natura, ne ode i segnali, gli indizi che gli suggeriscono che è tempo di prendere commiato dalla montagna, di rifugiarsi.
Il bivacco e l’amante della montagna
Ed è nel bivacco che l’amante della montagna trova il suo rifugio, si accomiata dalla realtà esterna e dall’incalzare del tempo e ritrova il silenzio, il valore dell’attimo, scandito dalla fiamma del fuoco, dall’acqua che bolle in pentola, dal calore che lento si propaga nello spazio angusto. E ascolta: il crepitio del fuoco. E odora: il profumo della zuppa mescolato all’odore della brace. E tocca: le ruvide scanalature del legno del tavolo, le fredde vesti inzuppate di neve, di sudore, di fatica. I bivacchi sono tra le esperienze più crude e più concrete che l’uomo possa sperimentare. L’amante della montagna lo sa.
Foto di Antonio Toscani Foto di Antonio Toscani
Ed è per questo che una volta vissuto il bivacco, non ne può più fare a meno. Perché in quei frangenti di esperienza ha vissuto il tempo, nel suo scorrere lento, comprendendone tutta la ricchezza, cogliendone la virtù e conferendone il peso che esso merita. Numerosi sono i bivacchi collocati lungo la catena del Lagorai. Luoghi di riparo e di rifugio. Una semplice ricerca su internet ci consente di enumerarne oltre la decina. Limitato ne è però il numero di quelli usufruibili in inverno. Quelli dotati di stufa a legna sono pochi e per questo preziosi. Tra di essi vi è un baito il cui nome senza dubbio richiama il senso di ricchezza che esso rappresenta agli occhi dell’escursionista: il “Baito Buse dell’Oro. Un tesoro sito in un luogo prezioso per la sua incontaminatezza, ai piedi del Piccolo Cobricon; una casetta in legno che sorge ai margini di una vasta radura immersa nel verde del Parco Naturale di Paneveggio. In esso si respira il tempo nelle gelide notti d’inverno, vivendo il senso del sopravvivere con il minimo indispensabile, separati dalla natura da delle mura in legno, ma immersi in essa, respirandone l’odore e assaporandone il sapore, percependone in definitiva il valore.